Exploring the history and culture of Freemasonry.

Spiritualità e religiosità dagli Antichi Doveri massonici a oggi

 

Spiritualità e religiosità dagli Antichi Doveri massonici a oggi

 

 

 

Si afferma da più parti che un Massone per essere veramente tale deve credere in un ente supremo. L’affermazione è di rilevante importanza al punto che è presente negli Statuti che regolano la vita organizzativa e amministrativa di quasi tutti gli Ordini massonici e che definiscono comportamenti, caratteristiche e qualità che si devono possedere per essere ammessi all’Ordine, anche se questa dovuta credenza non appare nelle Costituzioni massoniche del 1723.
La prima domanda che viene da porsi è se una tale prescrizione si applica a ogni Massone e alla Massoneria in generale oppure se è da considerare come semplice regola statutaria di una specifica associazione massonica. A questa domanda si potrebbe rispondere che nei rituali massonici del mondo occidentale, di cultura cristiano-ebraica sono presenti moltissimi riferimenti alla Bibbia ebraico-cristiana. Ciò perché la Massoneria nacque in ambito protestante nord-europeo e che per tutto il XVIII secolo la distanza concettuale tra riferimento religioso e allegoria massonica non era molto precisa. Per molti Massoni dell’epoca il riferimento religioso era parte integrante dalla loro cultura e tali riferimenti potevano avere sia un valore strettamente religioso sia un valore allegorico e quest’ultimo da intendersi come base formale per la concettualizzazione in chiave massonica di certi valori e ideali ritenuti universali. Dal secondo decennio del XVIII secolo la Massoneria dallo stretto ambito distrettuale londinese si estende a tutto il Commonwealth britannico, Inghilterra, Scozia, Irlanda e colonie inglesi del nuovo mondo per poi, nella metà del Settecento, con impressionate diaspora estendersi a tutto il mondo occidentale, arrivando a essere presente dalla seconda metà dell’Ottocento in tutti i cinque continenti. Di conseguenza la Massoneria si estende a paesi e culture diverse da quella occidentale e a quella di diverse tradizioni religiose, pertanto i riferimenti religiosi ovviamente non potevano essere e non sono quelli cristiano-ebraici, con la conseguenza che in loggia possono esserci libri sacri che non sono la Bibbia e che il G.A.D.U. può avere anche senso politeistico o semplicemente spirituale.
Rimane l’implicita domanda se i riferimenti a una tradizione religiosa in ambito massonico siano da intendersi come diretti richiami a una religione o se debbano essere interpretati come allegorie. Lo stesso discorso vale per quei simboli, estrapolati dalla tradizione religiosa locale. Si deve ammettere che questa complicata questione in tale modo è tagliata con l’accetta, ma in qualche modo si deve partire dal semplice per poter affrontare il complesso.
La questione è resa ancora più complessa dal fatto che nel corso del XVIII e XIX secolo i rituali massonici si moltiplicarono in modo impressionante. Molto spesso tanti diversi rituali sono abbastanza simili essendo derivazioni da altri rituali, ma sempre gli elementi ritualistici sono interpretabili correttamente solo all’interno della logica esplicativa del rito, con la conseguenza che talvolta lo stesso simbolo o metafora o allegoria assumono significati variabilmente diversi. Fino a che si rimane nello stesso ambito culturale, per esempio quello occidentale, questi elementi dei rituali sono abbastanza affini in quanto di derivazione culturale cristiana, ma quando si cambia cultura e società essi si differenziano in modo rilevante.
Se si volesse intendere la Massoneria in termini di associazionismo locale, cioè culturalmente e socialmente specificato, non ci sarebbero molte discussioni da fare: le Massonerie di diversa cultura sarebbero da interpretare come Massonerie specifiche senza relazioni con quelle di altre culture. Si avrebbe una costellazione di Massonerie incapaci di costituire un insieme coerente e quindi unificate solo dallo stesso nome di Massoneria senza connotazione universale. Se però s’intende la Massoneria come movimento transculturale allora la questione della valenza religiosa di tanti aspetti ritualistici si pone con evidenza e chiede di essere interpretata.
Sembrerebbe inconfutabile che la Massoneria debba avere una valenza universale e che i particolarismi tocchino aspetti marginali della sua essenza, cioè che questa essenza debba prescindere dalle realtà socioculturali e religiose. Prendendo come esempio la regola antica che prescrive la presenza di un libro sacro durante i lavori di loggia, è rilevante la sua presenza mentre non è rilevante di quale testo religioso si tratti[1]. C’è un’altra prescrizione che complica ulteriormente le cose ed è quella di credere nell’immortalità dell’anima. La complicazione è data dal fatto che non tutte le religioni ritengono che esista un qualcosa genericamente definibile come anima e talora questa non è ritenuta eterna o immortale[2]. È evidente che tutto ciò consegue dalle radici culturali che inevitabilmente influenzano il pensiero e l’operato massonico ove esso è operante.
È opportuno chiedersi: se le prescrizioni sopra dette sono universali, chi per motivi religiosi non crede in un Ente superiore e/o asserisce di non avere un’anima immortale non può entrare in Massoneria oppure non può entrare in un Ordine massonico che nel suo statuto prescrive questa credenza religiosa? In tal caso la Massoneria darebbe valutazioni discriminatorie sulla base di codici prettamente teologici e relativi a un certo ambito religioso. Perciò si potrebbe dire che nel mondo massonico tali prescrizioni non possono avere valore universale, ma solo relativo, poiché legate al rituale adottato e alla regola statutaria di un dato Ordine massonico; dunque non possono avere valore prescrittivo generale. In base alla Tradizione del 1723 la vera irregolarità sarebbe da addebitare a quella Massoneria che desse prescrizioni di fede religiosa a qualunque Massone. Un Ordine può dare tali prescrizioni di carattere teologico? Solo se queste regole si applicano esclusivamente ai suoi membri. Sorge una domanda più sottile: una regola statutaria di un Ordine, quindi regola associativa, valida solo per i membri di quell’Ordine ha valore iniziatico? Se non ha valore iniziatico la regola di credere in un dio e nell’immortalità dell’anima ha lo stesso valore assiomatico di quella che obbliga a pagare la quota associativa entro una certa scadenza. Ciò suona abbastanza strano pensando che la Massoneria, tanto meno una Gran Loggia, non può dare prescrizioni teologiche o religiose. Se l’Ente Supremo è un’allegoria è assurdo prescrivere di credere in un’allegoria; se non è un’allegoria questo Ente assume forma divina e come detto prima non si può obbligare nessuno a credere in una divinità, qualunque esso sia. L’unica risposta corretta è che nessuno è obbligato a entrare in un Ordine massonico che ha quelle regole di carattere teologico.
Se queste argomentazioni sono ragionevoli se ne dovrebbe dedurre che i riferimenti religiosi in senso genericamente massonico hanno solo valore allegorico e che i riferimenti estrapolati dall’ambito strettamente religioso assumono significati che nulla hanno a che vedere direttamente con la religione, ma piuttosto con il pensiero massonico. In altri termini, si tratta di riferimenti i cui significati massonici, diversi da quelli religiosi, conservano della loro origine religiosa solamente e non sempre le valenze ideali e morali. Come dire che i valori e le idealità presenti nell’accezione religiosa vengono trasposti e tradotti in chiave massonica, perdendo ogni essenza religiosa. In questo caso, rimanendo nella sfera della riflessione e senza pretese definitive, i riferimenti religiosi nella loro allegoricità hanno la funzione di richiamo al senso di spiritualità che deve permeare i lavori massonici. Un senso di spiritualità di ampio respiro, che contempla sia le valenze trascendenti, più propriamente il “senso del sacro”, sia quelle di superiori dinamismi dell’animus umano (che non è l’anima) che si manifestano per esempio con la riflessione dell’intelletto, con la conoscenza, con l’arte, con l’etica, con la morale e così via, manifestazioni non esoteriche cioè riservate, ma comuni all’uomo in quanto tale.
Ai lavori massonici specialmente oggi è data la validità di elevazione dello spirito e molto spesso anche agli interessi in materia di esoterismo è stata assegnata una simile istanza di elevazione spirituale. La questione è che molto spesso il senso di spiritualità è stato inteso in termini specificatamente religiosi, fino al radicalismo di rituali e Ordini che si caratterizzano per il loro diretto rapporto con una specifica religione[3]. È questo un caso estremo di specificazione socioculturale e storica che pone delle problematiche di coerenza con il valore universalistico della Massoneria. Facendo attenzione che anche l’universalità della Massoneria non può essere né un dogma né una prescrizione normativa, ma un valore ideale che però ancora non viene ben determinato dai tanti massonologi.
È da ritenere che la problematicità di tali questioni sia data dall’identificazione del concetto di spiritualità con quello di religiosità e ciò è tanto prevedibile quanto ineluttabile. Prevedibile e ineluttabile però solo se si trattasse di una questione squisitamente sociale, ma la Massoneria non è un fenomeno esclusivamente socioculturale, innanzitutto è iniziatico e questo suo carattere iniziatico la dovrebbe mettere al riparo da inferenze di fenomeni legati alla sfera socioculturale.

All’origine della Massoneria inglese i riferimenti culturali erano dovuti, necessari, nel senso che nella società non esistevano forme generalizzate a disposizione di tutti di uno scetticismo o relativismo culturale e che tutto aveva riferimento all’interno della propria cultura religiosamente condizionata; non esisteva in quell’epoca una visione interculturale e di rispetto delle differenze di questo tipo. Infatti, per gli occidentali del Settecento la cultura occidentale in tutte le sue differenti modalità e forme era l’unica comprensibile e accettabile e dunque aveva un valore universale.
Tornando al concetto di iniziaticità, questo implica che ovviamente ciò che è iniziatico è diverso e separato da ciò che non lo è, dal profano. Un gruppo iniziatico alza un muro che dovrebbe essere invalicabile tra l’area iniziatica e quella profana. All’area profana appartengono tutte le manifestazioni del mondo civile e sociale e quindi anche quelle religiose.
Quando alcune logge londinesi si raccolsero in unica federazione, la Grand Lodge, vollero darsi delle regole unificanti e si diede mandato a James Anderson di stilare quelle che furono chiamate Constitutions of Free Masons, Costituzioni dei Liberi Muratori. Questo titolo aveva allora un senso preciso, esso si riferiva a chi si identificava con uno status riservato o esoterico e dunque solo per i Massoni, senza pensare, ripeto in quel momento storico, che potessero esistere forme diverse di Massoneria da quelle che per la prima volta venivano definite e codificate.
Una delle regole che dovevano guidare i comportamenti dei singoli Massoni e delle logge era di astenersi dal parlare di politica e di religione in loggia. La regola aveva delle ragioni concrete. L’Inghilterra era da pochi decenni uscita da terribili conflitti religiosi e dinastici, si cercava pragmaticamente di impedire che tali questioni potessero creare problemi dentro le riunioni di loggia. La regola era stata portata in Massoneria da quei membri che erano anche membri della Royal Society, nella quale già da lungo tempo erano bandite discussioni politiche e religiose volendo concentrare tutta l’attenzione sugli studi della natura. Questa regola, prima che iniziatica, era dunque una regola di serena e concentrata convivenza sociale[4]. Si vide poi nella storia della Massoneria che tale regola non ebbe un’applicazione molto rigida e che non pochi conflitti tra Ordini massonici erano conseguenti a differenze d’opinione politiche e religiose che venivano animatamente dibattute. La stessa Massoneria inglese non era esente da queste diatribe religioso-politiche e con sottile senso di politica interna si decise di alternare i vertici della Gran Loggia, dal Gran Maestro agli alti Ufficiali, ora di una corrente conservatrice e ora di una di diverso indirizzo ideologico, politico e religioso. I dissidi interni erano comunque vivaci e spesso appariscenti anche al mondo esterno. Insomma la Gran Loggia inglese e tutte quelle che impetuosamente sorsero nel giro di pochi anni in tutta Europa pur propagandando un valore di universalità massonica erano tutte profondamente legate alle condizioni socioculturali locali che le metteva in competizione tra loro.
A questo punto si dovrebbe distinguere tra la Massoneria come movimento propositivo d’ideali umanitari universali e gli Ordini massonici come strutture organizzative di logge operanti nella società con propositi di miglioramento civile. La differenza però è labile perché la Massoneria può essere concepita anche come l’insieme degli Ordini e questi ultimi come le espressioni della Massoneria. Insomma, il concetto d’iniziaticità, nella Massoneria della prima metà del XVIII, non era compreso come forma di autoesclusione dalla società e dalla cultura, sempre che esistesse un’idea di iniziaticità che non fosse meramente ritualistico-cerimoniale.  Si riteneva la Massoneria una peculiare associazione diversa da altre associazioni e comunque presente dentro la società. Neppure il largo interesse per gli argomenti esoterici connotavano la Massoneria come separata dalla società, l’esoterismo era in voga e legata al più vasto interesse per l’”antiquariato”, cioè lo studio delle cose antiche nel senso più generale della parola. Non sappiamo, con molti fondati dubbi in mancanza di documenti certi, se l’interesse per le materie esoteriche fosse interpretato come precisa forma di perfezionamento spirituale, però se consideriamo tale perfezionamento nel senso generale prima definito, allora esso potrebbe essere anche spirituale; facendo però attenzione che il senso di spiritualità massonica così come non può essere ristretto nella regione del religioso non può essere limitato al campo esoterico e neppure a quello ritualistico.
Un’analisi attenta delle Costituzioni dei Liberi Muratori svela che negli Ancient Charges o Antichi Doveri del 1723 si intitolava il primo articolo Concerning God and Religion, articolo però che non citava Dio. In questo articolo alla frase del 1723 «Mason is obliged by this Tenure to observe the Moral Law[5]» fu aggiunto nel 1738: «as a true Noachita»[6]. Queste sono parole che non si devono intendere alla lettera. Il vero Noachita è colui che rispetta il pensiero di Noè, personaggio considerato nella Bibbia il giusto tra gli uomini, colui che stilò una lista di norme di convivenza civile, abbastanza simili ai dieci comandamenti di Mosè applicati però al convivere sociale. Si può avanzare la ragionevole supposizione che si intenda il vero Massone noachita non perché ebreo o cristiano, bensì perché è persona giusta che opera in modo corretto, contemperando etica e morale.
C’è però l’importante aggiunta nel nuovo testo dell’aggettivo Christian. È necessario contestualizzare la situazione, siamo nel 1738, ventuno anni dopo la costituzione della Gran Loggia. Questa, dalla dimensione cittadina londinese si è ampliata a molte contee e nei decenni successivi si è estesa al Commonwealth e la Gran Loggia londinese diventa la Gran Loggia d’Inghilterra, diventando un’ampia associazione presente in ambito civile e su un vasto territorio. Essa sente il bisogno di darsi sue regole proprie, di associazione. Tali regole, al comune sentire dei suoi dirigenti, sono regole di una specifica associazione, ma senza una pretesa universalistica. La Gran Loggia d’Inghilterra si muta dunque in un Ordine massonico nel senso preciso del termine, cioè organizzazione a carattere nazionale, in un rapporto formalizzato con le istituzioni politiche e sociali.
Le Costituzioni del 1738 sono statuti di un Ordine nazionale che agli occhi inglesi vuole distinguersi da altri organismi massonici non da loro dipendenti che incominciano a sorgere in molte parti dell’Europa continentale. Dunque, la nuova edizione definisce le proprie radici socioculturali ma senza indicare l’appartenenza a una precisa religione. È noto che nelle logge inglesi fin dai primi tempi erano presenti Massoni di religione ebraica e inoltre s’incominciano a costituire nelle colonie inglesi delle logge nelle quali entravano persone di diverse fedi religioni. Apparentemente ciò contradirebbe una logica universalistica ma è dubitabile che nei primi decenni di vita della Gran Loggia ci fosse questa idea di universalismo.
Ci vogliono altri decenni prima che la Massoneria assurga a movimento presente in tutti i continenti. Solo quando questo processo diventa palese e consapevole s’incomincia a intendere la Massoneria come un qualcosa di molto diverso dal semplice associazionismo basato sulla Fratellanza e sulla Solidarietà e si evidenziano maggiori e diverse peculiarità. In conclusione il riferimento al Cristianesimo sarebbe da considerare come un’allusione alle radici culturali e non all’appartenenza religiosa.
Tornando alle Costituzioni del 1723 nel primo articolo Anderson scrisse: «(…) Ma sebbene nei tempi antichi i Muratori fossero obbligati in ogni Paese a essere della religione di tale Paese o Nazione, quale essa fosse, oggi si reputa più conveniente obbligarli soltanto a quella Religione nella quale tutti gli uomini convengono, lasciando a essi le loro particolari opinioni; ossia, essere uomini buoni e leali o uomini di onore e di onestà, quali che siano le denominazioni o confessioni che servono a distinguerli;(…)». La frase «quella Religione nella quale tutti gli uomini convengono» è con precisione intesa nel senso della morale umana e con distinzione dalle «denominazioni o confessioni che servono a distinguerli [gli uomini]» (mio corsivo e parentesi).
Quello della moralità è un tema che era considerato prioritario rispetto a quello della religiosità e ciò è palesato dalla frase che qualifica i Massoni: «essere uomini buoni e leali o uomini di onore e di onestà»; in tale modo non si prescrive di essere dei buoni fedeli ma di essere uomini carichi di virtù e valori elevati (concetto morale prima che etico poiché indicativo delle modalità di rapporto tra sé e gli altri). Questa dizione inoltre chiarirebbe quale sia la «Religione nella quale tutti gli uomini convengono» poiché questi valori e virtù specificano proprio la frase iniziale del Titolo I degli Antichi Doveri: «Un Massone è tenuto, per la sua condizione a obbedire alla legge morale». Questa legge non può essere né legge religiosa né legge civile, ma l’insieme dei principi che appartengono solo alla sfera massonica, senza sedimentazioni d’altro genere.
Si propone una domanda molto importante: si può essere Massoni senza essere credenti? La Costituzioni non rispondono direttamente in modo affermativo o negativo, dicono che cosa può impedire dal punto di vista trascendentale di essere Massoni. I casi proposti sono due, apparentemente simili ma in realtà diversi: non possono essere ammessi in Massoneria gli «atei stupidi» e i «libertini irreligiosi».
Un testo settecentesco non può essere letto con i criteri semantici del Duemila, si deve contestualizzare linguisticamente la terminologia usata in una data epoca con un’operazione filologica.
La parola «ateo» conserva oggi e lo aveva allora lo stesso significato: è chi non crede in una divinità (a-teo, senza dio). Che vuol dire «stupido»? In un testo normativo, studiato in ogni parola e virgola, tale aggettivo merita attenzione. Perché qualificare il sostantivo ateo con un aggettivo che appare denigratorio? Non era sufficiente il sostantivo ateo? Non può essere certo un’invettiva contro l’ateo, una forma di deprecazione insultante, visto che lo scopo del testo di Anderson non è quello di dare giudizi qualitativi a qualcosa o qualcuno, ma di dare delle norme generali. L’ateo stupido potrebbe essere colui che, privo di credo in una divinità, a questa carenza di fede non sa dare spiegazione, che la vive in modo spontaneo e quasi disinvolto ed emotivo e che con il suo pensiero di tale problema non si fa carico. In altri termini chi non fa o non sa fare uso della ragione per fornire sostanza e giustificazione alla propria mancanza di fede, al contrario di chi ragiona sulla fede e sulla religione e che con l’uso del pensiero giunge a negare l’esistenza della divinità, cioè una persona d’intelletto e cultura che non potrebbe essere definita stupida. Inoltre, anche nel Settecento si era a conoscenza di religioni nelle quali non si contempla la figura della divinità, per cui i fedeli di queste religioni dovrebbero essere definiti come atei non stupidi. Se però, nella logica che l’unica legge da seguire e la religione universale debba essere la morale allora l’ateo stupido sarebbe chi è senza legge morale e quindi si specifica l’altra categoria, quella dei libertini irreligiosi. Libertino non è semplicemente la persona di comportamenti dissoluti. Il libertinismo era una corrente di pensiero che si diffuse nella Francia nel XVII e XVIII secolo e si propagò in Europa. Di libertinismo s’incominciò a parlare con le sette del “libero spirito” del 1200 presenti in diversi paesi come l’Italia, la Francia e la Germania e in seguito il libertinismo durante il ‘600 e il ‘700 si diffuse anche in Inghilterra.
Nel Seicento con la denominazione di libertini non si definivano solo chi sosteneva costumi riprovevoli giustificandoli con motivazioni d’ordine religioso[7], ma coloro che si erano allontanati dalla vera fede e che per questo erano caduti nella dissolutezza morale. Nel senso comune il termine libertino si riferiva a persona depravata oppure dedita ai piaceri del corpo oppure a chi predicava una filosofia scettica. Tale termine quindi aveva diverse accezioni e per ben comprenderlo si doveva specificare per non fare una indebita generalizzazione. Quindi non si tratta di una pleonastica ripetizione come spesso si crede. I libertini in genere, anche se molti lo fecero, rifiutavano la religione nelle sue manifestazioni chiesastiche senza necessariamente negare la divinità. Non si può sottacere che nel ‘600 e nel ‘700, sia da parte protestante sia cattolica, era comune la convinzione che alla mancanza di religiosità conseguisse l’amoralità e la licenziosità dei costumi; ma questa era una valutazione moralistica superficiale e di comodo. Ci furono casi emblematici di libertinismo d’alto spessore di pensiero come Spinoza, ebreo scomunicato dai corregionali per le sue idee eretiche ma, allo stesso tempo, uomo di profonda moralità, che poneva questa sopra ogni cosa. Chi potrebbe escludere che Anderson e i fondatori della Massoneria, persone di indubbia cultura, non ponesse personaggi come Baruch Spinoza, Pierre Bayle o Pierre Gassend, solo per citare alcuni, tra quei libertini che professavano la moralità e il libero pensiero al primo posto? C’erano però anche i libertini irreligiosi, come per esempio John Wilmot, secondo conte di Rochester, noto libertino ateo e di condotta amorale e pubblicamente viziosa. È ragionevole pensare, quindi, che Anderson volesse stigmatizzare un certo aspetto irriverente e amorale del libertinismo che negava ogni regola civile e religiosa, pensando, forse, al Don Giovanni di Moliere[8]. Si potrebbe allora suggerire che Anderson abbia aggiunto quel «irreligiosi» per distinguere i libertini amorali e immorali dai libertini dediti agli studi filosofici e scientifici che non seguivano costumi riprovevoli e che avevano un alto senso morale. Dunque, sembra che si possa affermare con un certo grado di attendibilità che le Costituzioni non impongono ai Massoni un credo religioso e neppure la fede in una o più divinità, considerato anche che nelle norme massoniche non vengono mai citate le parole dio ed ente supremo, che appaiono invece nella parte storica di carattere evidentemente allegorico e che non è considerato testo normativo.
L’affermazione, che spesso si sente fare tra i Massoni, tale per cui è un dovere il credere in un Ente Supremo sembra essere un’interpretazione forzata che non si fonda su alcuna norma massonica tradizionale. Se tale affermazione è presente in qualche rituale massonico, certamente non fa riferimento e neppure deriva dalle prime Costituzioni di Anderson, ma è un’aggiunta specifica di un rituale che non può necessariamente coinvolgere qualunque membro della Massoneria, ma solo chi pratica quel rituale. Nelle Costituzioni si fa preciso riferimento alla libertà dei singoli di credere in una fede qualunque essa sia, ma non lo si prescrive in modo esplicito; dunque non parlando di fede religiosa ci si dovrebbe limitare a parlare della legge morale.
La fede religiosa, con acume sociale e associativo, sarebbe rimandata al singolo senza imporsi alla collettività, cioè senza coinvolgere la Massoneria nel suo complesso e nella sua essenza di società estranea alla religione. Ma forse le cose non stanno così. Nella cultura del tempo l’idea della soggettività, dell’individualità non era molto presente, anzi si direbbe inesistente, se non presso certe sette protestanti come i pietisti tedeschi. Specialmente nella cultura protestante l’individuo era sempre percepito come membro di una collettività, a essa egli faceva riferimento e da essa traeva giustificazione d’esistenza come individuo. In altri tempi l’individuo non era singolo soggetto, bensì persona collettivamente qualificata con ruoli molto più precisati e stabili rispetto a oggi. È indubitabile che nel XVIII secolo la libertà d’opinione del singolo fosse un valore, ma è molto meno indubitabile che essa fosse socialmente riconosciuta e difesa dalle istituzioni civili e religiose e che avesse lo stesso valore di oggi. La libertà passava per le forche caudine del potere e delle convinzioni socioculturali imperanti.
Si è visto che i concetti di spiritualità e di religiosità hanno bisogno di una loro qualificazione in chiave massonica e che non possono essere dichiarati dentro il pensiero massonico così come sono definiti dal linguaggio comune. La spiritualità massonica non è costituita solo da superiori dinamismi dell’animus umano altrimenti si rimarrebbe nell’area del metafisico profano che è sempre determinato dalla storia. Essa ha prima di tutto un valore iniziatico cioè un qualcosa che appartiene a un gruppo ristretto e chiuso. È una spiritualità connotata da elevate tensioni umanitarie interne a una visione metastorica e metaculturale. La spiritualità della Massoneria non può essere racchiusa e arginata nella spiritualità definita e perseguita dal singolo Massone. Una tale spiritualità sarebbe atomistica o peggio individualistica, ripresentando le carenze e i vizi dell’individualismo che affliggono la società moderna. Considerarla come afflato esclusivamente religioso condurrebbe la Massoneria e il Massone in un ambito improprio o almeno parziale, non universalistico; quindi se la Massoneria vuol essere universalistica non può essere religiosamente connotata. La religiosità è questione privata, personale e del tutto rispettabile ma non addebitabile a una Società che si vuol dichiarare universale.
La Massoneria è iniziatica e il carattere d’iniziaticità presente in quasi tutte le religioni non autorizza a renderle simili o tra loro compenetrabili; in altri termini la spiritualità massonica non è un processo o metodo sincretico, essendo un modo particolare del vivere la spiritualità e non una sorta di globalizzazione di ogni vissuto spirituale[9]. In ambito massonico sarebbe più opportuno parlare di tensione al sacro che di tensione al divino, perché il sacro è universalmente umano. Il senso del sacro non è un modo di interpretare la realtà cui l’uomo non sa dare risposte sensibili, concrete, questa è una vecchia idea contestata dalle più recenti acquisizioni della fenomenologia delle religioni. Con le prime forme di religiosità non si vuole spiegare la realtà, si tenta invece di sacralizzarla per ricercare in essa un ordine non immediatamente visibile; sono forme di religiosità (non di religione) che contemplano concetti e figure non immediatamente collegabili alle divinità. Tali afflati di trascendenza, di senso del sacro, sono difficilmente assimilabili alla religione in senso compiuto; la natura ha un posto prioritario, sono i suoi aspetti che assumono senso spirituale, con poteri e significati non posseduti dall’uomo. L’uomo originario ancora non è in grado di concepire enti astratti e il suo sguardo si posa sulla natura e le sue manifestazioni con sguardo che tutto vede nei suoi multiformi aspetti. Essa, la natura, non solo ha valore spirituale ma connota anche la vita sociale e culturale delle prime comunità dell’uomo modernamente conformato[10].
In seguito con l’agricoltura e la stanzialità[11], il senso del sacro si struttura in divinità, riconducendolo a un ordine con astrazioni concettualmente più complesse e articolate, anch’esse con rilevanti attribuzioni desunte dalla realtà umana. Un lampo o una quercia o una volpe possono essere spiritualizzati senza somiglianze alla natura umana, mentre le divinità hanno quasi sempre connotazioni di umanizzazione.
In tutte e due le fasi (fase sacrale e fase religiosa) l’uomo definisce un ordine ultra-reale della realtà. A questo livello l’uomo vuole rapportarsi, spinto prioritariamente dall’esigenza del sacro, creando un progetto di collegamento all’ultra-umano. Questo ultra-umano diventa il fine e nello stesso tempo anche la via e tale ricerca pervade ogni aspetto della sua vita e infatti i riti antichi sono intimamente connessi con la vita collettiva e individuale. La primitiva aspirazione sacrale connette il mondo non-umano con la quotidianità. I riti, le preghiere e sacrifici che accompagnano tante fasi della vita dell’uomo, sono la messa in pratica del senso del sacro. Le cerimonie sacrali hanno, tra gli altri effetti, anche quello di unificare coralmente il gruppo o più gruppi viciniori. Queste sono conseguenze sociali e non effetti o cause. In un mondo preistorico, in cui gli esseri umani sono rari, le cerimonie sono indispensabili per superare il silenzio dell’umanità. Durante le cerimonie collettive si dirimono conflitti e si stringono rapporti di scambio interpersonale e tra gruppi, esse sono occasioni di incontri d’ogni tipo, purtuttavia non si possono considerare sotto l’aspetto meramente sociale. L’incontro di individui dello stesso clan o di clan diversi è il mezzo di comunicazione corale con le forze non-umane, quelle a cui è assegnata una valenza sacrale che unifica tutti. Con tale comunicazione si riequilibra il rapporto tra uomo e forza sacrale, si ricerca e si assegna l’armonia cosmica. La fragilità della vita, incrinata da eventi infausti e dolorosi è consolidata in un rinnovato rapporto con le forze cosmiche sovra-umane. I rituali danno luogo alla trasmutazione dell’oggetto quotidiano in oggetto sacro, consentono che la forza sovra-umana si umanizzi e nello stesso processo ritualmente si sacralizza l’uomo[12]. Ciò avviene mediante la figura del mediatore tra il mondo del sacro e il mondo dell’umano. Questo mediatore, sciamano o mago o sacerdote, inserisce il gruppo e i singoli individui nella realtà sacrale, ricomponendo i due mondi. La figura ieratica controlla i flussi ascendenti e quelli discendenti tra realtà sacrale e realtà umana.
Quando l’uomo avrà percorso tanta altra strada si troverà, nell’epoca protostorica, a cercare il collegamento tra il mondo dei vivi e quello degli antichi miti, degli antichi eroi, un mondo diverso da quello dei morti recenti, perché questi fanno parte del mondo degli antenati[13].
La Massoneria con i suoi miti e leggende ripercorre una via simile. In essa si ricerca un mondo sacrale, lo ammanta di allegorie, metafore e simboli prendendoli dove le sono più vicini, ma il rapporto con essi è di grande mediazione.
Sono i Massoni, nella loro compressa, controversa e confusa storicità che non sanno intuire e valicare il grande salto tra spiritualità e sacro. Vogliono stare attaccati alla propria cultura e necessariamente cadono nel magma delle differenziazioni culturali ove nulla è certo, tutto è instabile e ogni cosa è transeunte: è il mondo profano delle società, delle istituzioni, delle religioni. Chi guarda a questo mondo d’apparenze guarda allo specchio della propria breve vita. Vuol dire stare dall’altra parte dello specchio di Alice.
E allora questo massone così immerso nel contingente porta la concretezza contingente dentro la Massoneria, la veste dei paludamenti dei poteri costituiti, oscura i valori sacrali con i valori storici. Prende, per esempio, un fatto di gran brevità storica e tutto insieme, senza discriminazione dei suoi contenuti[14], facendolo diventare universale: è il caso della Massoneria che si fa espressione dell’Illuminismo. Ciò tranquillizza il massone, non estraendolo dal suo vissuto contingente, e non importa se a ogni cambio generazionale interpreta quei valori originali con criteri diversi, quelli della sua generazione. Ciò che importa è stare al passo con i tempi e considerare come Tradizione quella del presente, che però a ogni presente cambia.
La Massoneria perde ogni connotazione d’universalità. Il senso del sacro e la spiritualità da espressioni trascendenti si umanizzano, si storicizzano e si categorizzano in espressioni metafisiche, teologiche.
[1] Ciò consente ad ogni loggia di esporre il proprio libro sacro di riferimento, per i cristiani ed ebrei sarà la Bibbia, per i mussulmani il Koran, il Dhammapada o via del Dharma per una parte dei buddisti e per altri il Saddharmapuṇḍarīkasūtra (Sutra del Loto della Buona Dottrina), la Gîtâ per gli induisti, la Zend Avesta per i parsi e zoroastriani, l’Adi Granth o Guru Granth Sahib, per i sikh. Nelle logge ove sono presenti membri di diverse religioni è buon costume esporre tutti i rispettivi libri sacri.
[2] Questo è il caso di certe correnti di pensiero buddhista che ritengono che l’anima dopo aver percorso un ciclo di perfezionamento di dissolva in una unità metafisica superiore. Per gli ebrei dell’origine non esiste un aldilà per buoni e cattivi ma poi i diversi teologi ebbero idee diverse e conflittuali tra loro. Neppure l’anima, come qualcosa di diverso dal corpo, è un concetto religioso ebraico, tanto che Gesù che era ebreo non la cita mai. Non casualmente alcuni Padri della Chiesa dei primi secoli del cristianesimo consideravano l’idea dell’immortalità dell’anima empia e sacrilega. Su aldilà e anima nell’ebraismo e nel cristianesimo si veda: P. Alberto Maggi OSM, Vita Eterna, in https://www.studibiblici.it/appunti/Vita%20eterna.pdf
[3] In questi casi non è consentita l’ammissione e l’ospitalità a chi non professa quella religione e si prescrive una pubblica professione di fede durante lo svolgimento del rituale.
[4] Tra gli ultimi decenni del ‘600 e i primi del ‘700 l’Inghilterra stava faticosamente emergendo dalle sanguinose guerre di religione. Lo stato era instabile per problemi dinastici, le istituzioni monarchiche erano state squassate dalla sperimentazione repubblicana di Oliver Cromwell e anche all’interno del mondo protestante le contese religiose erano state vivissime e talora efferate, con persecuzioni, stermini collettivi ed esecuzioni.
[5] «Il Massone è impegnato da questa affiliazione a osservare la legge morale». Obliged nell’inglese del ‘700 ha il significato di impegnarsi in quanto affiliato. Tenure invece significava sempre nel ‘700 l’operare di chi possiede terre o proprietà, presumendo che fosse un corretto operare.
[6] «come un vero Noachita» nel senso di perseguire le regole morali date da Dio a Noè. Quindi ci si muove sul piano morale, anche se di una morale biblica così come intesa nel mondo protestante.
[7] Ci furono correnti religiose libertine che predicavano il ritorno alla vita adamitica senza peccato e praticando anche la libertà sessuale. Altre correnti, con motivazioni più tortuose, asserivano che praticando l’assoluta dissolutezza l’uomo si potesse riscattare da essa.
[8] Commedia rappresentata a Parigi il 15 febbraio 1665.
[9] Il pensiero sincretico è caratteristico del vissuto infantile che globalizza in un’unica percezione senza accogliere i molti particolari.
[10] Terminologia usata per distinguere l’uomo dagli ominidi.
[11] L’apparizione dell’agricoltura nell’Asia medio-orientale, in base alle attuali conoscenze, risalirebbe a oltre 10.000 anni fa. Proprio in questi giorni è stata ritrovata nel più antico sito neolitico bulgaro la più remota traccia di cereale cotto che si conosca in Europa, risalente al 5.920-5.730 a.C. (datazione al carbonio).
[12] Sacralizzare non vuol dire rendere qualcosa sacro ma farne strumento per accedere al sacro.
[13] Gli antenati sono i morti prossimi, nonni e bisnonni, quelli che si ricordano, coloro che trasmettevano da vivi e che continuano a trasmettere come spiriti la saggezza della convivenza, le regole alle quali l’individuo e la collettività si devono uniformare se vogliono mantenere viva la collettività; ad essi ci si rivolge per avere lumi in caso d’incertezza o conflittualità d’opinioni, essi sono la tradizione vivente. Se i Massoni riuscissero a considerare come “antenati“ quelli che fondarono la Massoneria e a essi chiedere lumi molte conflittualità ritualistiche e istituzionali non esisterebbero e la Massoneria potrebbe avere veramente un senso universalistico.
[14] Come il pensiero sincretico infantile, Si veda nota 9.

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